Stagno
Proprietà e composti dello stagno
Lo stagno fu impiegato, non puro, ma in lega soprattutto con il rame (nei bronzi) e con il piombo e altri metalli, forse fino dalla preistoria, sicuramente a partire almeno dal 3500 a.C.; il suo uso come metallo puro è però più recente e risale forse all'epoca romana.
È citato nella Bibbia, nei poemi omerici e da Erodono.
I romani lo importavano dalla Cornovaglia e lo chiamarono dapprima "plumbum candidum", quindi "stannum", da cui il nome attuale. Gli alchimisti lo associavano al pianeta Giove.
In natura si trova raramente allo stato libero, generalmente è sotto forma di composti corrispondenti al suo stato di ossidazione +4, e in particolare nel suo unico importante minerale, la cassiterite SnO2 (e in alcuni minerali rari come per esempio la stannite Cu2FeSnS4), a costituire complessivamente circa lo 3·10-4 % della crosta terrestre.
Lo Stagno presenta un interessante polimorfismo.
La forma più comune è la ß, stagno bianco o metallico, di colore argenteo lucente, stabile sopra i 13,2°C, reticolo tetragonale a corpo centrato; a caldo è molto malleabile e intorno ai 100°C si può ridurre in fogli sottilissimi; sopra i 161°C diventa invece fragilissimo per il passaggio alla forma rombica (stagno γ).
Sotto i 13,2°C è stabile la forma α (stagno grigio), cubica, che si presenta appunto come una polvere grigia; la trasformazione, assai lenta, avviene con aumento di volume (che spiega la minore densità dello stagno α) e con forte diminuzione delle proprietà metalliche: tuttavia in pratica essa non si compie spontaneamente per la presenza di tracce anche minime di piombo, antimonio, bismuto o argento che la ritardano, ma si compie solo a temperature molto basse (-50 °C) oppure per contatto con particelle di stagno grigio già formato (peste dello stagno).
Stagno
Lo stagno è stabile all'aria secca; in presenza di umidità, si forma un sottile strato di ossido che lo protegge da ulteriore corrosione. Viene attaccato dagli acidi alogenidrici con sviluppo di idrogeno e formazione di sali stannosi (Sn2+); con gli acidi solforico e nitrico, ossidanti, dà luogo invece a composti stannici (Sn+4).
L'acido nitrico concentrato lo scioglie formando acido ß-stannico o metastannico (H2SnO3)n, insolubile; gli alcali forti lo disciolgono con formazione di idrossostannati, K2[Sn(OH)6]; non è invece praticamente intaccato dai comuni acidi organici. A temperature molto elevate (oltre i 600°C) lo stagno reagisce con l'acqua e con non-metalli come lo zolfo e il fosforo.
Il calore specifico dello stagno è Cs = 0,228 J / (g ·°C).
Composti dello stagno
Lo stagno forma composti in corrispondenza dei suoi stati di ossidazione +2 e +4 (composti stannosi e stannici). Lo stato di ossidazione +4 è il più stabile in soluzione alcalina, per cui i composti corrispondenti allo stato +2 si comportano generalmente in tali condizioni da riducenti; l'opposto può verificarsi in soluzione acida. Esistono anche composti nei quali lo stagno ha numero di ossidazione +3, in seguito alla presenza di legami Sn—Sn.
Il cloruro stannoso (SnCl2) è un solido cristallino, energico riducente, molto usato come reagente analitico e nelle preparazioni organiche, per ottenere altri composti dello stagno e in galvanotecnica.
Il biossido di stagno (SnO2), costituente del minerale cassiterite e che si ottiene in forma di polvere biancastra per ossidazione diretta del metallo, serve nell'industria ceramica e del vetro, nella fabbricazione di materiali dielettrici e refrattari, per preparare catalizzatori, nell'industria tessile.
Il tetracloruro di stagno (SnCl4) è un liquido incolore, fumante all'aria, mentre il suo pentaidrato SnCl4·5H2O, è una massa solida, bianca; già usato nella carica della seta naturale, trova impiego come catalizzatore e nella preparazione di composti organici dello stagno.
Lo stannato sodico, Na2[Sn(OH)6], è costituito da cristalli o polvere bianca solubili in acqua ed è usato nelle operazioni di stagnatura, come ausiliario nell'industria tessile sia come mordente sia come anticombustibile per il cotone.
Tra gli idruri, sono noti i composti Sn2H6 e SnH4, che presentano strutture analoghe rispettivamente a quelle dell'etano e del metano.
Tra i solfuri si ricordano il monosolfuro di stagno, SnS (solfuro stannoso), il disolfuro, SnS2 (solfuro stannico), che si discioglie nelle soluzioni acquose dei solfuri alcalini o di ammonio con formazione di ioni tritiostannato (IV) [SnS3]2−,e tetratiostannato (IV) [SnS4]4−.
In entrambi i suoi stati di ossidazione lo stagno forma numerosi complessi con leganti sia inorganici che organici. Nello stato +2 in particolaare si hanno complessi (con leganti anionici ma anche con specie neutre) generalmente a numero di coordinazione 3, piramidali, come gli ioni triidrossostannato (II) [Sn(OH)3]− e trifluorostannato (II) [SnF3]−.
Esistono anche complessi dello Sn (II) a coordinazione diversa da 3, oppure polinucleari. Nello stato +4 lo stagno forma invece complessi generalmente a numero di coordinazione 6, ottaedrici, come per esempio gli anioni esaidrossostannato (IV) [Sn(OH)6]2- ed esaclorostannato (IV) [SnCl6]2−. Sono noti anche complessi dello Sn (IV) a coordinazione diversa da 6,come per esempio lo ione [SnCl5]−.
Leghe metalliche dello stagno
Lo stagno entra nella composizione di numerose leghe a basso punto di fusione impiegate nella saldatura di metalli, in circuiti elettrici, in sistemi di allarme antincendio e nelle leghe antifrizione (a base di stagno, rame, antimonio oppure alluminio) usate soprattutto nell'industria automobilistica. La lega dello stagno con il 5% di antimonio viene impiegata per giunzioni di tipo meccanico (tubi di rame, per esempio nei circuiti frigoriferi), per connessioni in apparecchiature elettriche (migliore conducibilità, rispetto allo stagno-piombo) e per giunti a contatto con alimenti (scatolame). La lega con 4-5% di argento è usata nelle connessioni di strumenti di misura, dove è richiesta una buona conducibilità elettrica.
La brasatura dell'alluminio e delle sue leghe impiega formulazioni che contengono zinco (a partire dal 9%) oppure iridio (dal 12 a oltre il 50%), con eventuale aggiunta di piombo quando le giunzioni devono resistere alle basse temperature; queste ultime leghe sono usate anche per giunzioni metallo-vetro e metallo-ceramica. Nella fabbricazione di oggetti ornamentali viene usato, quale sostituto economico dell'argento, il peltro, una lega di stagno con 1-8% di antimonio e 0,25% di rame, preferibilmente senza piombo (meno dello 0,5%) perché rende opaco il metallo ed è tossico. La lega dello stagno con piccole quantità di rame (meno dell'1%) viene impiegata per tubetti metallici deformabili.
Utilizzo dello stagno
Lo stagno ha impieghi diversificati anche se non vastissimi.
Non viene quasi mai utilizzato puro (perché troppo tenero) ma quasi sempre in lega con altri metalli.
Un'importante applicazione dello stagno, che assorbe circa il 35% dei consumi totali, è quella della stagnatura superficiale protettiva di leghe ferrose (latta) e di altri metalli.
La stagnatura, che viene realizzata con il solo stagno o con leghe contenenti anche zinco, cadmio o nichel, può venire eseguita sia per immersione nel metallo fuso sia per via elettrolitica da soluzioni alcaline (è il processo più impiegato).
Alcuni sali organici vengono usati in agricoltura come anticrittogamici e come alghicidi nelle risaie.
Numerosi composti organici dello stagno sono impiegati come stabilizzatori per materie plastiche, in particolare per il polivinilcloruro.
Anche in sintesi organica sono state trovate applicazioni per alcuni composti organometallici contenenti stagno, come il dibutil stagno ossido [(C4H9)6Sn2O] o l'idruro di tributilstagno (C4H9)3SnH, un agente riducente le cui reazioni di riduzione decorrono con meccanismo radicalico.
Metodo di produzione dello stagno
La maggior parte dello stagno viene estratta da depositi alluvionali di cassiterite mediante processi di levigazione e infine di flottazione per eliminare i solfuri di altri metalli.
Si possono così ottenere concentrati a elevato tenore (90-95%) in SnO2, i quali, dopo arrostimento in aria, possono essere utilizzati per la riduzione con carbone.
Una notevole quantità di stagno viene anche recuperata da rottami di leghe (bronzi, residui di saldature) che vengono di norma rifusi o riciclati a qualche stadio del processo di produzione del metallo, e soprattutto dai rottami ferrosi stagnati (latta).
I rottami possono venire trattati con cloro a temperatura ambiente recuperando lo stagno volatile come SnCl4 oppure trattati con soluzioni alcaline ottenendo una soluzione contenente stagno che viene sottoposta a elettrolisi.
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