Glicocalice
Che cosa è il glicocalice?
Il glicocalice è lo strato superficiale glucidico esterno delle cellule, che riveste la membrana cellulare e ne rappresenta una barriera protettiva.
È la cellula stessa a secernere i componenti che formano il glicocalice e provvede frequentemente a rinnovarli.
Il glicocalice, oltre ad una funzione protettiva, occupa un ruolo di rilievo nell'esecuzione di funzioni fisiologiche indispensabili: le componenti del glicocalice, infatti, sono utilizzate dalle cellule per riconoscersi, aderire le une alle altre, aderire ai substrati e comunicare.
Funzione protettiva del glicocalice in un endotelio. A sinistra un glicocalice funzionante, a destra un glicocalice danneggiato.
Spesso l'azione di ormoni o altre molecole coinvolte nella mediazione di risposte cellulari hanno come target proprio gli elementi del glicocalice, i quali possono anche rappresentare la chiave per stimolare la risposta immunitaria verso cellule estranee all'organismo.
Per fare un esempio del ruolo del glicocalice nelle interazioni cellulari, ricordiamo come siano proprio delle differenze nella composizione di questo strato sui globuli rossi che determinano l'appartenenza ai vari gruppi sanguigni e che globuli rossi dello stesso gruppo non possono aggregarsi, a differenza di quanto accade con i globuli rossi di gruppi differenti.
Al contrario, le cellule dello stesso tipo che si aggregano per formare tessuti ed apparati si riconoscono proprio grazie al possesso di un glicocalice analogo.
Composizione del glicocalice
La natura glucidica e quindi zuccherina del glicocalice è data dalla sua composizione, rappresentata da molecole di carboidrato legate covalentemente a proteine o lipidi, per formare glicoproteine e glicolipidi.
In misura minore, il glicocalice è composto anche da proteoglicani, molecole simili alle glicoproteine ma che hanno una diversa composizione percentuale delle due classi di composti da cui sono formati.
La componente maggiore del glicocalice è costituita dalle glicoproteine, in cui la molecola di carboidrato esterna è legata covalentemente ad una proteina di membrana.
Allo stesso modo, anche il legame che unisce i carboidrati ai lipidi per formare i glicolipidi di membrana è di tipo covalente.
Le catene glucidiche terminano sempre con un acido sialico carico negativamente e sono di solito corte, rappresentate quindi da oligosaccaridi, che possono essere ramificati oppure lineari.
Classi di composti che formano il glicocalice.
Sebbene le unità saccaridiche che compongono glicoproteine e glicolipidi non eccedano il numero di 15, le possibilità con cui queste possono combinarsi sono elevate, dando vita ad gamma di varianti molto estesa. Bastano poche molecole differenti, combinate in vario modo, a formare un alfabeto molecolare molto vasto.
Nelle molecole del glicocalice possono trovarsi 6 o più tipi di zucchero, uniti a formare catene variamente connesse e ramificate. Il legame che tiene insieme le unità monosaccaridiche tra loro è di tipo glicosidico e può avvenire a carico di vari atomi di carbonio nella struttura della molecola, diversificando non poco le possibili combinazioni.
Nelle glicoproteine gli oligosaccaridi possono unirsi alla catena proteica con legami O-glicosidici (collegandosi a residui di serina o treonina) o N-glicosidici, collegandosi all'asparagina.
Nel primo caso l'unità saccaridica che entra nel legame è una N-acetil-galattosammina che lega il gruppo ossidrile dell'amminoacido, mente nell'altro caso abbiamo una più ampia gamma di possibilità ma le strutture che si formano sono sempre catene ramificate di cinque unità glucidiche.
Ad ogni modo vale la pena ricordare che una singola glicoproteina può contenere sia zuccheri semplici che zuccheri più complessi e legami O-linked e N-linked contemporaneamente.
Mucoproteine o proteoglicani
Le mucoproteine (o proteoglicani) sono composti che rientrano nel glicocalice di alcune specie cellulari e sono formati da una catena di mucopolisaccaride (GAG, glucosamminoglicano) legato ad una proteina di membrana.
Le mucoproteine hanno una componente glucidica molto maggiore delle glicoproteine e dei glicolipidi e possono aggregare grandi quantità di acqua andando a formare una sostanza gelatinosa che svolge specifiche funzioni. Ad esempio, il rivestimento gelatinoso delle uova di molti anfibi è formato proprio da questa classe di composti.
Struttura di un proteoglicano e di un glucosamminoglicano.
I proteoglicani sono abbondanti anche in quei tessuti che richiedono la presenza di sostanza gelatinosa amorfa che resiste agli urti e alla compressione, come ad esempio nelle cartilagini.
I glicosamminoglicani sono lunghe catene saccaridiche formate dalla ripetizione costante di dimeri glucidici, formati da un acido uronico ed un amminozucchero.
In molti glucosamminoglicani di estrema importanza per l'organismo si ritrovano frequentemente gruppi solforici che, unitamente alle caratteristiche chimiche generali degli zuccheri, contribuiscono a fare di queste molecole dei polianioni fortemente basofili.
La struttura del proteoglicano è data da un filamento proteico a cui sono legati, con legami covalenti, le catene glucidiche che si dipartono trasversalmente all'asse di allungamento della proteina.
In alcuni casi la proteina può essere transmembrana, in altri casi è legata esternamente ad un residuo di inositolo fosfato a sua volta connesso alla membrana.
Glicocalice e tumori
La struttura del glicocalice può modificarsi in risposta a cambiamenti istologici della cellula e rappresentare un segnale per le difese dell'organismo.
In alcune forme tumorali, ad esempio, si riscontra la modificazione dei carboidrati presenti sul glicocalice: questo cambiamento rappresenta un segnale per i globuli bianchi che possono identificare e neutralizzare le cellule mutate.
Osservazione del glicocalice al microscopio
Per l'osservazione del glicocalice con microscopi ottici o elettronici è possibile elaborare i preparati con coloranti adeguati.
L'Alcian blue si rivela utile allo scopo per l'osservazione al microscopio ottico, mentre il rosso rutenio è il più appropriato per la visione in microscopia elettronica.
Anche l'utilizzo di lectine, come la concanavalina A, marcate con coloranti fluorescenti o densi agli elettroni, può servire allo scopo.
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