Inquinamento atmosferico
A cosa è dovuto l'inquinamento atmosferico?
Con il termine inquinamento atmosferico si intendono tutti i fattori (chimici, biologici, fisici) che modificano la composizione e le caratteristiche chimico-fisiche dell'atmosfera terrestre.
I suoi aspetti più pericolosi riguardano la vita stessa dell'uomo e si manifestano nelle zone più intensamente industrializzate: la parola smog, contratta da smoke (fumo) e fog (nebbia), comparve per la prima volta nel 1911, in una relazione tecnica riguardante un grosso disastro da inquinamento atmosferico verificatosi nella zona di Londra, che aveva causato 1150 casi di morte.
Con la rapidissima espansione delle industrie e della motorizzazione, l'inquinamento atmosferico è andato rapidamente aumentando negli ultimi decenni.
Attualmente sono catalogate un centinaio di sostanze inquinanti principali, fra cui specie gassose (ad esempio SO2, CO, NO2, idrocarburi), specie liquide (ad esempio H2SO4), specie solide (ad esempio Pb proveniente dalla combustione delle benzine utilizzate nel passato contenenti antidetonanti), e infine specie radioattive, di accertate proprietà oncogene, derivanti da esplosioni nucleari (fallout nucleare) e da impianti di trattamento di materiali nucleari.
Le specie inquinanti primarie presenti nell'atmosfera possono poi reagire fra loro e/o con i costituenti dell'atmosfera stessa, specialmente sotto l'azione delle radiazioni solari, formando altre specie inquinanti secondarie.
Stabilimenti siderurgici, raffinerie di petrolio, centrali termoelettriche, cementifici, cartiere, fabbriche di fertilizzanti, di asfalto e di acido solforico, motorizzazione e industrializzazione nell'agricoltura sono le principali cause dell'inquinamento atmosferico.
Oltre all'inquinamento di tipo chimico esiste un inquinamento termico, non meno grave, dovuto in parte al calore ceduto all'ambiente dai motori a combustione interna, dalle centrali nucleari e termoelettriche, dagli impianti industriali, particolarmente metallurgici, ed in parte ai contenuti di CO2 e di pulviscolo nell'atmosfera.
Inquinamento atmosferico dovuto all'effetto serra
L'aumento del contenuto di CO2 nell'atmosfera (che l'assorbimento ad opera degli oceani attraverso la reazione CO2 + H20 ⇄ H2CO3 non è sufficiente a contenere) è dovuto in parte al vertiginoso aumento delle combustioni ed in parte alla diminuzione del consumo di CO2 da parte delle piante verdi e del plancton dovuta alla progressiva distruzione delle foreste e al progressivo aumento di zone inquinate negli oceani.
Le molecole CO2 non assorbono le radiazioni solari visibili che giungono sulla Terra; questa, riscaldata da tali radiazioni emette a sua volta radiazioni termiche infrarosse che vengono invece assorbite dalla CO2 presente nell'atmosfera; il calore irraggiato dalla Terra viene così intrappolato, provocando un aumento di temperatura (effetto serra).
A questo aumento corrisponde un aumento di evaporazione e quindi un aumento di vapore acqueo nell'atmosfera e di nuvolosità; poiché anche le molecole H20 presentano l'effetto serra, il vapore d'acqua tende a far salire ulteriormente la temperatura, mentre, nello stesso tempo, le nubi, che riflettono la luce solare, tendono a diminuirla.
Pertanto l'aumento di CO2 nella atmosfera presenta un effetto riscaldante ed uno raffreddante, ed è certamente assai difficile fare ragionevoli previsioni sulla prevalenza dell'uno o dell'altro.
Inquinamento atmosferico dovuto all'aumento del pulviscolo atmosferico
Assai importante per l'inquinamento termico (oltre che chimico) è anche, come si è detto poco sopra, l'aumento del pulviscolo atmosferico; le particelle più piccole raggiungono i più alti strati dell'atmosfera ove si accumulano perché non vengono ricondotte sulla terra dalle precipitazioni; esse riflettono la luce solare (aumenta l'albedo: frazione della luce solare incidente che viene riflessa) e tendono così a diminuire la temperatura sulla Terra.
Le particelle meno piccole, presenti nelle zone più basse dell'atmosfera, vengono ricondotte sulla terra dalle precipitazioni e depositandosi sulle calotte polari e sui ghiacciai ne diminuiscono l'albedo con conseguente aumento della temperatura.
Da questi brevissimi cenni si comprende come sia possibile, per valutazioni diverse dei singoli fenomeni descritti, giungere a conclusioni altrettanto diverse, che vanno dalla previsione di un periodo di glaciazione (aumento dell'1% dell'albedo totale della Terra), alla previsione di consistenti aumenti di temperatura (25°C in 500 anni).
Differenza dello spessore del ghiaccio artico autunnale tra il 2005 e il 1980
Questi, oltre a turbare i cicli biologici, creerebbero nell'atmosfera gradienti di temperatura tali da provocare cicloni e tempeste di violenza oggi ignota, e porterebbero alla fusione delle calotte polari, con conseguente innalzamento del livello degli oceani e sparizione di città costiere.
Anche senza dar molto credito alle opinabili previsioni sulle conseguenze dell'inquinamento termico nel lontano futuro, la reale situazione di oggi è già bastante per giustificare preoccupazioni immediate.
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