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Caffeina

Caratteristiche e proprietà della caffeina

La caffeina, nota anche con il nome di teina, guaranina o metilteobromina, è un alcaloide a scheletro purinico di formula bruta C8H10N4O2.

È contenuta in numerose piante (tè, caffè, mate, cola, cacao): le foglie di tè ne contengono il 2-4% contro l'1-2% dei semi di caffè; nei paesi dove le piante contenenti caffeina sono indigene i nativi ne usano da secoli gli estratti per sfruttarne le proprietà stimolanti.

Da un unto di vista strettamente chimico la caffeina è un derivato della xantina metilata in posizione 1, 3 e 7; presenta pertanto la seguente struttura chimica:

struttura della caffeina

Struttura chimica della caffeina (1,3,7-trimetilxantina).

È un composto a carattere basico, cristallino, incolore, non molto solubile in acqua, che fonde a 236,5 °C.

Sintesi della caffeina

La caffeina fu isolata in natura nel 1820 dal chimico tedesco F. F. Runge e in seguito preparata attraverso varie sintesi fondate tutte sulla condensazione dell'acido cianacetico con urea o dimetilurea.

Industrialmente la si ottiene come sottoprodotto della preparazione del caffè decaffeinato (per estrazione con solvente, generalmente triclina), dai fumi di torrefazione del caffè, oppure ancora estraendo la polvere delle foglie di tè con acqua e calce. Si cristallizza poi dall'acqua.

Azioni farmacologiche

Tra le azioni farmacologiche della caffeina si ricorda in primo luogo quella stimolante sul sistema nervoso centrale, nella quale rientrano l'aumento del lavoro intellettuale e la facilitazione della percezione degli stimoli sensoriali.

L'azione positiva esercitata dalla caffeina sull'attività dei centri nervosi superiori è stata confermata sperimentalmente utilizzando la tecnica dei riflessi condizionati. Si è così potuto dimostrare che, dopo la somministrazione di dosi terapeutiche di caffeina, aumenta la rapidità dei riflessi condizionati, mentre si riduce il loro periodo di latenza; l'effetto dipende dal dosaggio e dal metodo di somministrazione.

L'introduzione di dosi sensibilmente superiori a quelle terapeutiche elimina la discriminazione fra reazioni riflesse ottenute in risposta a stimoli intensi o deboli.

La somministrazione prolungata di dosaggi ridotti di questo alcaloide aumenta anche la capacità di inibizione differenziale.

La somministrazione prolungata di dosaggi elevati induce una desincronizzazione nell'attività dei gruppi neuronici: lo stato di eccitazione indotto dall'alcaloide è caratterizzato da un'accentuazione dei processi di degradazione dei carboidrati cerebrali.

Agendo sul midollo spinale, la caffeina facilita la trasmissione riflessa dello stimolo e riduce il tempo centrale dei riflessi, migliorando il passaggio dell'eccitazione a livello intersinaptico.

L'azione della caffeina sui muscoli determina sia un incremento dell'ampiezza e dell'intensità delle contrazioni muscolari, sia una riduzione dell'affaticabilità: quest'ultimo effetto è in relazione non solo all'eccitazione indotta nel sistema nervoso centrale, ma anche all'azione periferica dell'alcaloide.

La caffeina ha anche azione sull'apparato circolatorio: a piccole dosi determina un aumento della frequenza e dell'ampiezza delle pulsazioni cardiache mentre a dosi molto forti provoca rallentamento, diminuzione del lavoro del cuore, aritmie atrioventricolari e fibrillazioni.

Tra le azioni di minore importanza della caffeina si ricordano quella diuretica e quella sulla secrezione gastrica.

La caffeina può essere impiegata anche come antidoto nell'avvelenamento da cloralio e da narcotici in virtù della sua azione eccitante sul respiro, sul cuore e sul sistema nervoso.

Letale in dosi di 10 g, può determinare a dosi minori l'insorgenza di avvelenamento acuto o cronico (caffeinismo).

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