Don Rodrigo
Don Rodrigo nel romanzo "I promessi sposi"
Don Rodrigo è uno dei personaggi dei Promessi Sposi.
È l'incarnazione del male ed è colui che, invaghitosi di Lucia Mondella, ne vieta il matrimonio con Renzo Tramaglino per vincere una scommessa fatta con il cugino, il conte Attilio: Lucia sarebbe stata sua e non di altri. Non sa cosa voglia dire voler bene, è stimolato solo da un capriccio sensuale.
Il suo proposito, nei confronti di Lucia, non è serio, ma concorre a dimostrare al cugino e agli amici la sua potenza.
Don Rodrigo è indifferente di fronte alla sofferenza generata dal suo comportamento e dalle sue azioni; quello che a lui interessa è ciò che le persone pensano di lui e soprattutto è attratto dal mito astratto della potenza nobiliare.
Anche per don Rodrigo, come già successo per l'avvocato Azzecca-garbugli (riferimento nel terzo capitolo dei Promessi Sposi), Manzoni non offre una presentazione a tutto tondo.
Il palazzotto di don Rodrigo
Il personaggio viene rappresentato indirettamente attraverso la descrizione del palazzotto in cui vive: più che abitazione sembra una fortezza, con la presenza delle inferriate, la minaccia degli avvoltoi inchiodati sul portone di ingresso per terrorizzare anticipatamente gli ospiti e la presenza dei bravi di guardia.
Il palazzotto richiama la violenza, ma allo stesso tempo la paura del signore che vi abita e il bisogno di ricorrere alla protezione dei potenti.
C'è in don Rodrigo, come nel suo palazzotto, qualcosa di selvaggio, ma anche di trasandato, logoro, di modesto e di insignificante. La sua abitazione esprime un'autorità esercitata da un mediocre, da un signore dai poteri marginali.
Il banchetto
Ulteriore conferma di questa potenza solo formale è il banchetto cui assiste fra Cristoforo dopo essersi diretto da don Rodrigo per convincerlo, sulla base di validi principi morali e religiosi, a rinunciare alla scommessa e a Lucia.
Al banchetto sono radunati quattro rappresentanti della società altera, formale, violenta del Seicento. Il più spregiudicato dei quattro e quello che si lascia meno imbrigliare dalle regole di un formalismo astratto e nobiliare, è il conte Attilio, libertino e libero da condizionamenti esterni, ma strenuo difensore del punto d'onore; vi è poi il podestà, caratterizzato da servilismo e arroganza, antitesi della giustizia di cui dovrebbe essere il garante.
Infine l'Azzecca-garbugli incarna l'ideale di chi non vuole essere sollecitato a prendere posizione con l'uno o l'altro dei potenti, ma si preoccupa solo di mangiare e bere serenamente.
Don Rodrigo partecipa al dialogo con questi convitati, ma è cauto, non vuole che si vada oltre certi limiti, dirige la discussione, cercando di eliminare tutto ciò che possa svantaggiarlo. Vuole garantirsi la quiete e l'immunità.
Il turbamento di don Rodrigo
Manzoni però si sofferma sulla descrizione del turbamento di don Rodrigo, provocato dalla presenza di padre Cristoforo silenzioso, ma certo della sua fede, che si oppone, solo con la sua presenza fisica, ai vari discorsi dei commensali; rappresenta l'antitesi di don Rodrigo e l'altra faccia del secolo. Il signorotto teme il cappuccino e si impone con tutta la sua violenza.
Per tutto il romanzo rimarrà ancorato al suo capriccio, il suo cuore non verrà scalfito nemmeno dal richiamo al divino che suscita in lui solo "un lontano e misterioso spavento" (riferimento nel capitolo 4 dei Promessi Sposi).
Teme il divino come un'entità malvagia che possa limitarne la potenza, per lui Dio non è Padre di bontà e di perdono, ma un Dio che si abbatte sui potenti per annientarli. Don Rodrigo possiede una religiosità pronta ad obbedire alle convenzioni legate al fasto, all'esteriorità, rispettosa del potere ecclesiastico.
Non vi è la presenza in lui di un Cristianesimo che parla alle coscienze, Don Rodrigo incarna il male, è totalmente negativo, totalmente sordo ad ogni voce che non sia quella del potere e della violenza.
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