Azzecca-garbugli
L'avvocato Azzecca-garbugli nel romanzo "I promessi sposi"
L'avvocato, cui si rivolge Renzo consigliato da Agnese per risolvere la questione dell'impedimento del matrimonio, viene descritto da Manzoni attraverso la minuta, precisa e realistica rappresentazione della stanza che gli serve come studio: questa stanza, con i ritratti dei dodici Cesari, la tavola gremita di allegazioni, gride e documenti, la poltrona che troneggia circondata da quattro sedie per l'uditorio e lo scaffale pieno di libri vecchi e polverosi, è il simbolo di uno spirito che si nutre di esteriorità ed è interiormente vuoto, servile, una caricatura che dovrebbe rappresentare la giustizia.
I Cesari servono per intimorire i clienti, per imporre loro l'evidenza della forza a cui asservirli; i libri, che dovrebbero essere riflesso tangibile di cultura, ne sono privi perché la polvere che li copre è segno di negligenza, di interrotto rapporto tra questi e il proprietario, cioè diventano oggetti, privati della loro funzione (riferimento nel terzo capitolo dei Promessi Sposi).
Renzo scambiato per un bravo
Nell'attimo in cui Renzo comincia a raccontare la motivazione della visita e a intavolare un discorso, si crea subito un malinteso tra i due.
Per l'avvocato Renzo è un bravo che ha commesso un sopruso e ora vuole difendersi dalla giustizia, per cui l'uomo di legge non si pone mai in una posizione di ascolto e comprensione.
Diventa un attore che recita la parte di un buffone istrionico che possiede tutti gli strumenti e la professionalità per risolvere una situazione così delicata.
Finge di essere in presenza di un caso grave e difficile che solo lui è in grado di risolvere; si impone al cliente sprovveduto e impacciato con frasi altisonanti e gesti teatrali che devono creare paura in Renzo, perché poi l'Azzecca-garbugli possa sembrare il suo salvatore.
È abilissimo a usare le parole in modo distorto per dare alla realtà una dimensione a lui conveniente. Ha il potere di togliere credibilità al diritto, al potere giudiziario; tutto, grazie alla sua mediazione, diventa lecito e illecito allo stesso tempo. Le gride sono fatte per essere evase e perché possano salvaguardare le azioni illegali e illecite dei potenti.
La giustizia nel Seicento
L'Azzecca-garbugli è il primo personaggio del romanzo a porre il problema del rapporto tra gli uomini e la giustizia, rappresentata dallo Stato, che dovrebbe garantire la protezione di tutti i cittadini, soprattutto quelli più indifesi, contro i prepotenti. Ma questa giustizia si rivela invece deficitaria e inefficace, pronta per essere strumentalizzata a favore del potere.
Più che un avvocato di alta professionalità, l'Azzecca-garbugli è un pagliaccio, un rimestatore dei testi legislativi che impugna solo per proteggere i potenti contro i deboli; ma è anche un personaggio che non ha nulla di maestoso, di drammatico perché è carnefice, ma anche vittima della paura che gli detta il suo sistema di vita; si trasforma in servo dei potenti, parassita, vile adulatore del potere e sprezzante verso i deboli.
La sua vita è falsa come lo sono le sue parole con cui vuole stordire e irretire Renzo per poi cercare da lui il plauso ossequioso.
Manzoni si serve di questa caricatura per rappresentare ancora una volta la società del Seicento, caratterizzata dall'impotenza dello Stato e della sua giustizia solo esteriore e decorativa, che non può arginare il puntiglio di un feudatario di campagna.
Allora in questa luce l'Azzecca-garbugli non è più "una cima d'uomo", come l'aveva definito Agnese, ma un personaggio istrionico e ambiguo, privo di profondità, vile, meschino, comico, servo di una società ingiusta e perversa che non può che destare nel lettore derisione e delusione.
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