Saprofagi
Che cosa sono i saprofagi?
Gli organismi saprofagi sono quegli organismi animali che utilizzano come fonte di nutrimento i tessuti morti di organismi animali o vegetali.
Dal punto di vista della tipologia di nutrimento ricercato si distinguono dai biofagi, che invece si nutrono di tessuti o materia organica viva.
La massa biologica morta che costituisce il nutrimento dei saprofagi può trovarsi ancora strettamente connessa all'organismo da cui proviene oppure dispersa nell'ambiente. Nel primo caso si parla di “necromassa”, nel secondo caso di “detrito”.
I saprofagi sono organismi animali superiori; quando la medesima fonte alimentare è utilizzata da organismi appartenenti ad un regno differente, come ad esempio funghi o batteri, si parla non più di organismi saprofagi ma piuttosto di saprofiti.
Iene e avvoltoi: saprofagi della savana.
Tipi di organismi saprofagi
A seconda della fonte di approvvigionamento della materia organica i saprofagi possono essere distinti in necrofagi, coprofagi e detritivori.
I necrofagi comprendono gli animali spazzini, come gli avvoltoi, che si nutrono di carcasse in decomposizione; i coprofagi sono invece quegli animali il cui nutrimento è costituito dalle feci di altri organismi, come il famoso scarabeo stercorario. Infine i detritivori utilizzano come fonte alimentare il detrito, ossia piccole particelle di materia organica disperse nell'ambiente dopo lo smembramento delle carcasse o dei resti di altri organismi.
La materia organica consumata dai saprofagi può essere sia di origine animale che di origine vegetale.
Tra i grandi carnivori, inoltre, esistono specie opportuniste che possono modificare il proprio comportamento alimentare in base alle situazioni, passando da comportamenti predatori a strategie saprofaghe.
Quello dei saprofagi quindi è un mondo variegato di organismi che comprende carnivori, onnivori, deposivori e coprofagi e rappresenta un elemento essenziale per il funzionamento degli ecosistemi.
Ruolo dei saprofagi nell'ecosistema
All'interno del complesso intrigo di interazioni trofiche che legano gli organismi coesistenti in un ecosistema, i saporofagi svolgono diversi ruoli di primaria importanza.
I necrofagi, eliminando le carcasse degli animali morti, impediscono che la putrefazione di grandi masse di carne possa determinare lo sviluppo di pericolosi focolai infettivi. Inoltre, sminuzzando le carcasse e digerendone le carni, contribuiscono a fornire materia utile ai detritivori ed ai coprofagi. Questi organismi, a loro volta, rappresentano un ulteriore passaggio verso la completa degradazione della materia organica che sarà operata dai batteri decompositori.
Molti organismi saprofagi di piccole dimensioni, soprattutto detritivori, rappresentano inoltre una fonte di nutrimento per organismi predatori che rappresentano un livello trofico superiore nella catena del detrito, cioè quella rete trofica che si basa non sulla produzione primaria degli autotrofi ma dal riciclo di materia organica operato dai saprofagi, soprattutto i detritivori.
Esempi di organismi necrofagi
Un tipico esempio di animale necrofago è quello rappresentato dagli avvoltoi. In questi uccelli, alcuni adattamenti fisici fanno immediatamente trasparire le relative abitudini alimentari: il collo lungo e privo di piume, tipico di molte specie di avvoltoi, è infatti adatto ad infilarsi all'interno delle carcasse senza trattenere troppi residui organici che, rimanendo intrappolati nelle piume, andrebbero incontro a putrefazione e potrebbero portare allo sviluppo di infezioni.
Avvoltoio, tipico saprofago perfettamente adattato al consumo di carcasse animali.
Anche le iene sono note per essere abili spazzini, anche se in realtà, accanto alle abitudini saprofaghe, dispongono di notevoli capacità predatorie.
Talvolta anche grandi predatori come leoni e grandi squali si avvantaggiano della presenza di carcasse per ottenere un facile pasto, abbandonando il ruolo di superpredatore per assurgere a quello non meno importante (ecologicamente) di saprofago.
Detritivori, saprofagi molto importanti
Tra i saprofagi un ruolo fondamentale è svolto dai detritivori, che sono in grado di riciclare la necromassa presente nell'ambiente sotto forma di piccole particelle di tessuto e sottrarla alla decomposizione batterica, reimmettendola in una catena trofica più complessa, quella del detrito.
In ambiente terrestre i detritivori sono soprattutto animali di piccole dimensioni, per lo più invertebrati appartenenti ai gruppi degli artropodi o degli anellidi (insetti e vermi), che recuperano il detrito dal terreno.
In ambiente acquatico la catena del detrito è invece molto più complessa. In tutto l'immenso ambiente rappresentato dalle acque profonde, dove non vi è luce per la fotosintesi, tutta l'energia disponibile proviene dal riciclo della materia organica prodotta negli ambienti più superficiali, che precipita verso il fondo sotto forma di detrito. I questi ambienti i saprofagi rappresentano il primo e fondamentale anello della catena alimentare.
In acqua, inoltre, il detrito organico viene trasportato dalle correnti oppure si deposita in grandi quantità nei sedimenti e diviene la fonte alimentare di un gran numero di organismi filtratori o deposivori.
Questi animali si sono evoluti sviluppando sistemi per setacciare la corrente e intrappolare il detrito in sospensione o per ingerire il sedimento, trattenendo la materia organica in essa contenuta ed espellendo la frazione inorganica.
I detritivori, in acqua come in ambiente subaereo, procedono per gradi al progressivo sminuzzamento della materia organica lungo una catena composta da organismi sempre più piccoli che ingeriscono il materiale organico e ne determinano il frazionamento in unità di dimensioni sempre più modeste.
Lungo questa catena di decomposizione della materia organica tutta l'energia in essa contenuta viene progressivamente dissipata sotto forma di calore durante le reazioni metaboliche.
Il prodotto finale è costituito da materia inorganica a basso contenuto di energia, che dovrà essere riconvertita in materia organica dai produttori primari mediante fotosintesi o chiemiosintesi.
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