Riassunto capitolo 28 dei Promessi Sposi
Riassunto capitolo 28 dei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni
In questa sezione del sito è possibile leggere il riassunto del capitolo 28 dei Promessi Sposi.
Dopo la rivolta di san Martino (riferimento nel riassunto del capitolo 11 dei Promessi Sposi), a Milano sembra miracolosamente tornata l'abbondanza. Pane in quantità e a basso prezzo, ma si respira allo stesso tempo un'inquietudine e un presentimento che la festa non possa durare a lungo.
Come era già successo con la prima grida emanata da Ferrer (riferimento nel riassunto del terzo capitolo dei Promessi Sposi), che fissava il prezzo del pane, ora tutti corrono ad acquistare pane, farina e granaglie, approfittando della felice congiuntura, ma rendendone anche impossibile la durata.
Così Ferrer emana una serie di leggi e di disposizioni per contrastare la frenetica corsa all'acquisto del pane. Tutto inutile, anche perché, continuando a mantenere basso il prezzo delle granaglie, Milano è presa d'assalto anche da tutti coloro che, dalla campagna, giungono in città per fare incetta di viveri.
Due sono stati i frutti della sommossa: un consumo smisurato e senza controllo a spese di quel poco grano che doveva bastare fino al nuovo raccolto e l'impiccagione di quattro disgraziati, ritenuti i capi del tumulto.
L'arrivo della carestia
Arrivati all'inizio della primavera la carestia, già temuta dall'autunno, si mostra in tutta la sua forza dirompente. Ovunque botteghe chiuse e fabbriche deserte; per le strade un indicibile spettacolo di sofferenze.
Gli accattoni di mestiere, insieme a giovani garzoni licenziati, padroni di bottega andati in rovina, operai e maestri d'arte chiedevano l'elemosina ad ogni angolo della città, spossati dal freddo e dalla fame. A tutti questi bisogna aggiungere bambini, donne e vecchi. C'erano anche bravi che ora si trascinavano per le strade a testa bassa, tendendo la mano che avevano usato tante volte per minacciare e ferire.
Lo spettacolo più doloroso è offerto dai contadini che, fuggiti dalla campagna saccheggiata e devastata dai soldati o dalla fame causata dalla carestia, giungono in città con la speranza , ben presto delusa, di trovare soccorso: corpi abituati alla fatica, ora resi esausti dal disagio.
Nelle strade la gente sfinita giace come moribonda e i morti si fanno sempre più numerosi. L'unico soccorso viene da qualche anima generosa e dal cardinale Federigo Borromeo (riferimento nel riassunto del capitolo 22 dei Promessi Sposi e seguenti), che ha destinato sei giovani preti alla carità.
Questi assistevano ciascuno secondo il bisogno; qualcuno già agonizzante riceveva l'estrema unzione; agli affamati distribuivano minestra , uova, pane, vino e all'occorrenza vestiti a chi ne era sprovvisto. L'assistenza non finiva qui, perché si dava anche un po' di denaro o si cercava un ricovero in qualche casa benestante.
Federigo si era preoccupato di acquistare granaglie e spedirle in vari luoghi della diocesi, ma questi effetti di carità, grandiosi se si pensa che provenivano da un solo uomo, insieme alla generosità di qualche cittadino e alle sovvenzioni decretate dal Consiglio dei decurioni, erano ben poca cosa di fronte alle dimensioni della tragedia.
Il numero degli accattoni è incalcolabile e il numero delle morti aumenta; la popolazione è rassegnata e non dà il più minimo segno di ribellione.
Si teme il contagio, così nel Tribunale di provvisione viene proposto di ricoverare tutti i miserabili nel Lazzeretto, anche con la forza. Il Lazzeretto di Milano è un recinto quadrato che si trova fuori dalla città, a sinistra di porta Orientale ed era stato costruito per ospitare gli appestati.
Nel Lazzeretto vengono ricoverate diecimila persone; raggruppati a venti, a trenta per stanza e con un vitto scadente, le morti per contagio si fanno così numerose che si parla di cento decessi al giorno. Sentito il parere anche del Tribunale della Sanità , il Lazzeretto viene chiuso.
La fine della carestia
Finalmente con la nuova mietitura la carestia finisce, ma ecco presentarsi un nuovo terribile flagello. Il cardinale di Richelieu (riferimento nel riassunto del capitolo 27 dei Promessi Sposi) presa La Rochelle, decide di inviare truppe in soccorso al duca di Nevers, in difesa del ducato di Mantova.
Gli Spagnoli non erano riusciti ad avere ragione dei Francesi, lo stesso don Gonzalo Fernandez de Cordoba aveva dovuto lasciare l'assedio a Casale Monferrato, premuto dalle forze dei Savoia e dai Francesi, così l'imperatore Ferdinando, che reclamava il controllo sugli Stati contesi, invia il proprio esercito.
A settembre si appresta ad entrare nel milanese un esercito di feroci mercenari nel quale, a detta del Tribunale della Sanità, covava la peste.
I lanzichenecchi, nei territori attraversati, saccheggiano, devastano, si abbandonano a violenze di ogni tipo, mentre la maggior parte della popolazione cerca rifugio sulle montagne. Ben presto i soldati tedeschi giungono anche nel territorio di Lecco.
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