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Federigo Borromeo

Federigo Borromeo nel romanzo "I promessi sposi"

Il cardinale Federigo Borromeo è uno dei personaggi del romanzo "I promessi sposi".

L'introduzione di questo personaggio avviene attraverso una lunga e ampia digressione storica  che ne presenta il ritratto biografico attraverso la minuziosa descrizione di alcuni aspetti importanti della sua vita e mette in evidenza l'importanza esemplare del cardinale sul piano morale, storico e culturale.

Il ritratto del cardinale Federigo Borromeo

Nasce nel 1564 da una famiglia nobile  e fin dalla puerizia compie una scelta di vita autentica.

Dopo aver riflettuto  sugli ideali che lo orientano e rifiutando la vanità dei piaceri offerta da una società sfarzosa e opulenta, manifesta la risoluzione di dedicarsi al ministero ecclesiastico.

Nel 1595 viene eletto arcivescovo di Milano dal papa Clemente VIII. Come vescovo di Milano e come uomo si impegna sempre nella ricerca del bene per sé e per il prossimo, secondo il criterio della fede e della verità morale; è convinto che la vita non debba essere una fatica per molti  e una festa solo per pochi, ma per tutti un lavoro e cerca di rendere la sua utile  e santa. Per questa ragione rifiuta i vantaggi della sua condizione benestante; pratica la povertà e si mette al servizio di tutti, soprattutto i più bisognosi.

Si presenta  a tutti con un atteggiamento lieto, sereno, pacato e ostile all'ambizione  e all'avidità di ricchezze; non è però del tutto immune da certe opinioni strane e distorte diffuse nel Seicento, come la convinzione dell'esistenza degli untori e delle streghe.

Interessato anche alla diffusione della cultura, fonda la biblioteca ambrosiana, ricercando libri e manoscritti ovunque e la apre a tutti. Istituisce anche un collegio di studiosi e uno di alunni per l'insegnamento e l'apprendimento delle lingue classiche e orientali.

Agisce sempre criticando i condizionamenti  di una società aristocratica corrotta, fondata sul privilegio di casta e sull'uso della violenza, un'età "sudicia e sfarzosa" da cui tutti sono condizionati o asserviti. Contro le ipocrisie e le vessazioni di questa società si appella sempre a valori umani e cristiani autentici, che diano un orientamento alla vita e un significato profondo all'esistenza.

Prima ancora che Manzoni ne faccia il panegirico, il cardinale è già nell'ammirazione dell'autore che lo trasforma in un modello religioso.

Anche le vicende che si intrecciano con i personaggi del romanzo sono tutte indirizzate alla creazione di una figura ideale ed esemplare allo stesso tempo, un grande ecclesiastico, che ha già dentro di sé i germi della santità.

Manzoni ci fornisce un ritratto, idealizzato, di un uomo avviato alla santità attraverso l'esercizio eroico della sua virtù e attraverso l'abnegazione del potere, in una società che invece lo afferma continuamente, per affermare invece un'autorevolezza , frutto della fede, della grazia e della misericordia di Dio (riferimento nel capitolo 12 dei promessi Sposi).

Il ritratto del cardinale nelle vicende e nell'azione

Nell'incontro con l'Innominato il cardinale non si presenta come il convertitore, come il sacerdote che offre una lezione al peccatore, si pone bensì sullo stesso piano del convertito, si fa piccolo, si fa fratello, si umilia per non essere stato abbastanza zelante nei soccorsi spirituali, fa intendere all'Innominato che anche lui è bisognoso e mendicante di Cristo, come lo sono o lo dovrebbero essere tutti gli uomini.

Solo così è possibile un incontro tra questi due uomini dalle grandi personalità, che culmina nell'abbraccio e nel pianto dell'Innominato:  piangendo egli si libera dal suo isolamento superbo, riscopre Dio e si pone all'interno di una cristianità vera e profonda, quella appunto che caratterizza il cardinale (riferimento nel capitolo 23 dei Promessi Sposi).

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