Microscopio elettronico
Come funziona un microscopio elettronico?
L'esigenza di superare i limiti del potere di risoluzione (e di ingrandimento) del microscopio ottico, ha portato alla realizzazione di uno strumento, il microscopio elettronico a trasmissione (TEM) che utilizza gli elettroni per l'imaging in un modo molto simile a come la microscopia ottica sfrutta i fotoni.
Rispetto al microscopio ottico il microscopio elettronico presenta vantaggi e svantaggi: ha un potere di risoluzione molto più elevato, ma la preparazione dei campioni è più complessa e non sono possibili osservazioni in vivo.
Nel microscopio elettronico l'immagine ingrandita del campione (ovvero la deviazione del fascio elettronico), viene ottenuta grazie all'impiego di lenti elettromagnetiche, al posto delle comuni lenti di vetro.
L'uso di un fascio di elettroni, anziché di fotoni, ha permesso di superare il limite imposto dalla lunghezza d'onda propria delle radiazioni luminose; anche gli elettroni si comportano, infatti, come radiazioni con lunghezza d'onda molto minore rispetto a quella della luce visibile (0,005 nm contro i 400-700 nm circa della luce visibile, violetto e rosso rispettivamente), offrendo una risoluzione che può arrivare a 0,2 nanometri, con ingrandimenti fino a 100.000 volte. Il microscopio elettronico ha anche un potere di risoluzione estremamente elevato, potendo distinguere punti vicini anche 0,3-0,5 nm.
Il microscopio elettronico a trasmissione (TEM) è uno strumento fondamentale per la caratterizzazione dei materiali di tutti i tipi: biologici, polimerici, metallici e ceramici. Sono sempre osservabili porzioni molto limitate, anche se enormemente ingrandite, del preparato. Se ne osserva e studia l'"ultrastruttura" piuttosto che la struttura; in istologia si entra nell'intimo delle cellule, osservandone gli "organuli" che vi sono contenuti.
Il microscopio elettronico a trasmissione è costituito da un grosso tubo di acciaio (cannone) appoggiato su un tavolo di comando, nel quale un sistema di potenti pompe fa un vuoto estremamente spinto.
Un piccolo filamento di tungsteno (catodo) funge da sorgente del fascio elettronico. Tale fascio di elettroni viene successivamente accelerato da una opportuna tensione di accelerazione: gli elettroni passano, quindi, attraverso una prima bobina magnetica che, agendo da condensatore, li devia (esattamente come i fotoni vengono rifratti al passaggio attraverso una lente ottica).
Gli elettroni vengono poi mandati a fuoco sul piano del campione (che deve presentare uno spessore estremamente ridotto) e quindi deviati da un altro avvolgimento magnetico che funge da obiettivo. Questo forma la prima immagine ingrandita dell'oggetto.
Il campione da esaminare al TEM, sezionato all'ultramicrotomo, ha uno spessore estremamente ridotto, non superiore ai 70-80 nm.
Anche nel TEM, come nel microscopio ottico, la prima immagine viene ricevuta da una terza lente elettromagnetica, che rappresenta l'oculare, e viene ulteriormente ingrandita.
L'immagine finale è visibile su uno schermo fluorescente e può essere raccolta da una pellicola fotografica.
Immagine al microscopio elettronico della cellula di una foglia di mais. L'immagine è dovuta agli elettroni che sono riusciti ad attraversare il campione: si vede scuro o nero dove questi sono stati fermati dalle strutture del preparato, grigio più o meno chiaro o bianco dove questi l'hanno attraversato in parte o totalmente.
Microscopio elettronico a scansione o SEM
Intorno al 1970, è entrato nell'uso pratico anche un altro tipo di microscopio elettronico, che permette di osservare ingranditi, anche se con risoluzione inferiore al TEM, oggetti tridimensionali: è questo il microscopio elettronico a scansione, comunemente indicato con l'acronimo SEM dall'inglese Scanning Electron Microscope.
Gli elettroni del fascio (generati dal catodo, che lavora a un voltaggio fra 10 e 30 kV), vengono accelerati e convogliati da lenti elettromagnetiche, le quali rimpiccioliscono il fascio stesso fino a un diametro pari o inferiore a 10 nm.
Una lente di deflessione, anch'essa elettromagnetica, attraversata da corrente rapidamente variabile, muove il piccolo fascio di elettroni sul campione.
Quando il fascio di elettroni colpisce il campione (ovvero, un oggetto tridimensionale rivestito in precedenza da una sottilissima pellicola d'oro) si generano elettroni secondari che, raccolti e amplificati da un collettore, possono produrre una fotomicrografia oppure, convogliati in un tubo catodico, possono generare un'immagine su un monitor.
La tridimensionalità con cui si osserva l'oggetto è dovuta all'inclinazione con cui il fascio di elettroni primari "scandisce" la sua superficie.
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