Arcobaleno
Che cos'è e come si forma un arcobaleno?
L'arcobaleno è un vistoso fenomeno atmosferico che si manifesta con la comparsa di archi colorati.
I colori degli archi, detti appunto colori dell'iride (dal nome latino dell'arcobaleno), corrispondono a quelli dello spettro solare (rosso, arancione, giallo, verde, blu, indaco e violetto). Per info: quanti sono i colori dell'arcobaleno.
Perché si forma l'arcobaleno?
La spiegazione di questo fenomeno è stata tentata fin dall'antichità più remota: se ne occuparono già gli antichi pitagorici e Aristotele (III secolo a. C.); a essi si deve l'affermazione che per vedere l'arcobaleno sono necessarie la radiazione solare e una nube condensata disposta in modo tale che la radiazione del Sole, da essa riflessa, giunga all'osservatore.
A Plutarco (vissuto fra il I e il II secolo d. C.) e a Seneca (seconda metà del I secolo a. C., prima metà del I secolo d. C.) si deve la notizia della produzione dell'arcobaleno mediante le gocciolino d'acqua sprizzata dalle fontane.
Secondo Filippo Menadeo non bastava che la radiazione si riflettesse sulla nube, ma doveva penetrare nell'interno; idea raccolta da G. B. Della Porta (1535-1615), il quale affermò che la radiazione solare deve essere rifratta dalle gocciolino d'acqua e inoltre che l'arcobaleno si vede sotto un angolo stabilito, in modo da formare un cono col vertice nell'occhio dell'osservatore e avente per asse la retta congiungente l'occhio e il Sole.
Egli cercò anche di spiegare perché, in generale, in natura si vede solo un tratto dell'arco dell'arcobaleno, osservando che quanto più il Sole è basso sull'orizzonte, tanto più è ampio l'arco, che potrebbe, quando il Sole è proprio all'orizzonte, essere un semicerchio.
Fu Marcantonio De Dominis (circa 1560-1624) ad affermare che la radiazione del Sole si rifrange alla superficie delle singole gocciolino, entra nel loro interno, si riflette sul fondo delle gocce stesse e ne esce in una direzione determinata; egli giunse a queste conclusioni osservando il percorso della radiazione in una grossa bolla piena d'acqua.
Quando Cartesio pubblicò la legge della rifrazione, ne fece subito un'applicazione al caso descritto da De Dominis e definì il percorso dei raggi nell'interno di una sfera d'acqua.
Arcobaleno in una pagina de Les mètèores di Cartesio: il disegno spiega come l'osservatore posto in E possa vedere l'arcobaleno.
Egli osservò che quando si ha una sola riflessione della radiazione nell'interno della goccia, il fascio emergente forma col fascio incidente un angolo di circa 42°, leggermente maggiore per le onde di maggiore lunghezza d'onda (quelle che stanno alla base della percezione del rosso) e via via minore fino a quello per le onde di minore lunghezza d'onda (che stanno alla base della percezione del violetto).
Più precisamente egli dimostrò che si ha come una costipazione del flusso luminoso in questa direzione, che è una direzione limite. Anche per angoli inferiori si ha la riflessione della radiazione da parte della gocciolina, ma essa è più distribuita e quindi meno intensa.
Quando entra nella goccia la radiazione solare si separa in diversi colori. Abbandonando la goccia, le radiazioni di colore rosso hanno deviato di un angolo maggiore rispetto a quelle di colore blu.
Gli effetti nella direzione limite sono invece esaltati dalla concentrazione del flusso luminoso in quella direzione particolare.
Cartesio dimostrò ancora che se la radiazione nell'interno della goccia compie una seconda riflessione, emerge poi con una concentrazione simile alla precedente, ma con un'inclinazione di circa 51° rispetto alla direzione di incidenza e con una successione dei colori invertita rispetto alla precedente.
Questo provoca la formazione di un secondo arco esterno e concentrico a quello dovuto alla riflessione singola, coi colori invertiti. Naturalmente il secondo arco è molto meno luminoso del primo e non sempre è visibile.
Naturalmente Cartesio, che non aveva ancora alcuna idea circa la dispersione e la natura dei colori, non diede precisazioni in merito.
Il ragionamento di Cartesio si sosteneva bene nel caso di radiazioni monocromatiche, ma cadeva nel tentativo di spiegare il colore: fu Newton che spiegò la dispersione e quindi la formazione degli spettri mediante variazioni dell'indice di rifrazione. Con ciò il fenomeno era essenzialmente spiegato.
Ogni gocciolina d'acqua sospesa nell'aria rimanda il fascio di radiazione che riceve dal Sole, prevalentemente, in due coni di 42° e di 51° di semiapertura. L'osservatore riceve la radiazione da tante gocciolino come se provenisse da un arco circolare (o da due archi) dell'apertura suddetta.
L'ultimo contributo agli studi sull'arcobaleno è stato apportato da V. Ronchi, che ne ha studiato la localizzazione nello spazio da parte della psiche dell'osservatore.
Gli studi di cui si è fatto cenno qui sopra, infatti, si limitavano a definire il percorso della radiazione nelle goccioline d'acqua e la direzione con cui la radiazione emergente da esse arriva all'occhio dell'osservatore.
Ronchi ha posto invece il problema della localizzazione dell'arcobaleno, cioè si è proposto di definire gli elementi in base ai quali l'osservatore localizza la figura degli archi colorati alla distanza alla quale li vede e di conseguenza ne determina le dimensioni apparenti.
Link correlati:
Che cosa sono e quali sono i colori primari?
Che cosa sono e quali sono i colori secondari?
Quanti e quali sono i colori freddi?
Vuoi sapere se arcobaleno è un nome composto?
Vuoi sapere quanti sono i sensi?
Studia con noi