chimica-online.it

Riassunto capitolo 34 dei Promessi Sposi

Riassunto capitolo 34 dei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni

In questa sezione del sito è possibile leggere il riassunto del capitolo 34 dei Promessi Sposi.

Giunto a Milano, Renzo (Renzo Tramaglino) non ha difficoltà a entrare in città, perché sa approfittare del momento giusto. Trova infatti i battenti della porta spalancati, perché i monatti stanno portando via il capo dei gabellieri, colto dalla peste.

L'aria che grava sulla città è pesante, il cielo velato da un nebbione fitto che sembra negare il sole e la pioggia allo stesso tempo.

Renzo si avvia lungo il Naviglio e finalmente, in mezzo a tanta solitudine, vede un uomo avanzare verso di lui. Si toglie il cappello per cortesia con la mano sinistra e vi infila la destra dentro.

A questo punto l'uomo, stralunando gli occhi, lo minaccia con il bastone, gli grida di allontanarsi e il giovane,  che non voleva cominciare una lite, si allontana.

L'altro, arrivato a casa, racconta che gli si era avvicinato un untore, pronto per buttargli addosso un po' di polvere venefica.

Renzo è deciso a trovare la casa di don Ferrante, prosegue il cammino e a un certo punto è richiamato dalle preghiere di una donna su un terrazzino, con una nidiata di bambini intorno: era stata chiusa in casa perché il marito era morto di peste e poi dimenticata, lasciata  a morir di fame con i suoi figli. Lo implora di avvisare il commissario, Renzo le offre due pani che aveva con sé e le promette di avvertire qualcuno.

Poco dopo, superata la piazza di san Marco dove era collocata un'esecrabile e inefficace macchina della tortura, si imbatte in un apparitore: dietro di lui un carro di morti, trainato da due cavalli, affiancati da monatti.

Renzo si commuove vedendo quel groviglio di corpi ammonticchiati senza dignità e senza riguardo e per un attimo, mentre prega, gli giunge il doloroso sospetto che tra quei morti possa trovarsi la sua Lucia. Si trova così annientato dalla pietà e dall'impotenza.

Passato il convoglio funebre il giovane incontra un prete che finisce di confessare un malato; lo informa della donna e chiede informazione su come raggiungere la casa di don Ferrante. Il prete non si limita a fornirgli il nome della strada dove la casa è situata, ma gli offre anche precise indicazioni stradali.

Ora più che mai Renzo si sente invadere dalla paura, perché si sta avvicinando il momento in cui saprà di Lucia. Gli mancano le certezze ed è attanagliato dal dubbio.

Milano: una città fantasma

Con questo turbamento attraversa i quartieri della città, dalla periferia al centro e osserva scene raccapriccianti di dolore e morte: cadaveri lasciati a marcire, sporcizia e stracci, usci inchiodati, deserte le strade, percorse solo dai carri dei monatti e ovunque miasmi nauseabondi e fetori pestilenziali. Talvolta vede corpi senza vita sulla strada, caduti dai carri o buttati dalle finestre.

La furia del contagio aveva ridotto  a un terzo la popolazione e nei sopravvissuti aveva aumentato la paura di contrarre il morbo, tanto che l'umanità era venuta meno, come la pietà e ogni riguardo sociale verso il prossimo.

Ovunque si vedevano uomini socialmente elevati senza cappa né mantello, religiosi senza tonaca, lunghe le barbe e arruffati i capelli, anche perché erano considerati sospetti tutti i barbieri, dopo che era stato preso uno di loro, Giangiacomo Mora e condannato come untore.

Molti avevano addosso un bastone o una pistola per allontanare il pericolo e portavano al collo, in palle traforate, spugne inzuppate d'aceto  o boccette con argento vivo, persuasi che tutti questi rimedi servissero ad allontanare la peste.

La madre di Cecilia

Renzo è poi testimone di una scena pietosa: una povera madre, composta nel suo profondo dolore, scende in strada per deporre sul carro il corpo esanime della figlia, che aveva forse nove anni, con i capelli pettinati, con un vestito bianchissimo, fatta bella per una festa promessa da tanto tempo.

La teneva seduta su un braccio, con la testa appoggiata sull'omero, come se fosse stata ancora viva.

La certezza di questa madre deriva dal fatto che avverte e sopporta un dolore devastante, ma non ne resta schiacciata e si pone di fronte ad esso con una serenità data dalla coscienza che tutto quel dolore non è senza una ragione.

Paga il monatto che si commuove, affinché nessuno osi toccare la sua bambina e lo prega di passare verso sera a prendere lei e un'altra figlia più piccola, colpite entrambe dalla peste.

Vinta la commozione Renzo prosegue e arriva alla casa di  don Ferrante (riferimento nel capitolo 25 dei Promessi Sposi), bussa, si affaccia una donna che lo informa che Lucia è stata portata al lazzaretto, poi chiude la finestra.

Renzo vorrebbe informazioni più precise, continua a bussare, si guarda intorno per cercare qualcun' altro cui chiedere, ma vede solo una vecchia, stravolta dalla paura, che lo scambia per un untore e lo addita alla folla. Deve fuggire e per difendersi mette mano anche al coltello, poi cerca scampo saltando su un carro carico di cadaveri.

I monatti lo prendono sotto la loro protezione e allontanano la folla minacciandola con dei cenci ammorbati. Sui carri i monatti brindano alla peste, irridono i morti, cantano canzonacce.

Al Lazzaretto

Mentre Renzo prega la Provvidenza che lo liberi da tale compagnia, il carro si ferma sul corso di porta orientale,  che aveva percorso circa venti mesi prima. Gli venne in mente che si trova nei pressi del lazzaretto, così Renzo può ringraziare e scendere.

Fuori dal recinto si affollano i malati, molti dei quali sono instupiditi dalla malattia. Uno di loro, montato su un cavallo incustodito, lo sprona inseguito dai monatti urlanti.

Arrivato sulla porta Renzo si affaccia e resta sbalordito e immobile a contemplare una folla di ammalati ancora più grande.

Link correlati:

I Promessi Sposi: riassunto capitolo per capitolo

I Promessi Sposi: descrizione dei principali personaggi del Romanzo

I promessi Sposi: riassunto del libro

Studia con noi