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Tungsteno

Proprietà e composti del tungsteno

Il tungsteno, chiamato anche wolframio, fu scoperto nel 1781 dallo svedese C.W. Scheele in un minerale (ora chiamato scheelite) e fu inizialmente chiamato tungsteno (in svedese "pietra pesante").

Due anni più tardi i fratelli spagnoli De Elhuyar isolarono l'elemento a partire dalla wolframite, minerale già descritto due secoli prima e così denominato da Ecker.

Nacquero così le due denominazioni, tungsteno e wolframio.

Nel 1961 la IUPAC dichiarò ammissibili entrambi i nomi (quello di wolframio preferibile nei composti).

In natura il tungsteno (dove non si trova libero, ma in composti di norma corrispondenti al suo stato di ossidazione +6) è un elemento relativamente raro, costituendo circa il 5·10-4 % della crosta terrestre.

I suoi minerali più importanti sono la wolframite [(Fe,Mn)WO4] e la scheelite (CaWO4).

Il tungsteno è un metallo bianco argenteo, con elevatissimo punto di fusione (il più elevato tra i metalli). Allo stato compatto si ossida all'aria (formando il triossido) solo a elevata temperatura, e non viene attaccato a temperatura ambiente dagli acidi forti né dagli alcali forti (in soluzione e fusi) in assenza di ossigeno.

Si discioglie invece rapidamente anche a freddo in una miscela di acidi nitrico e fluoridrico, reagisce facilmente con il fluoro e viene attaccato dagli alcali forti in presenza di ossidanti.

A caldo viene ossidato a triossido dall'acido nitrico concentrato.

A temperature progressivamente più elevate reagisce con il cloro, lo zolfo, gli altri alogeni, l'azoto e i suoi ossidi, l'acqua e l'ammoniaca.

tungsteno

Tungsteno

Composti del tungsteno

Negli stati di ossidazione più bassi il wolframio è generalmente stabilizzato dalla complessazione, mentre in quelli più alti (in particolare +6, il più stabile) mostra una forte tendenza alla formazione di polianioni.

Sono noti numerosi alogenuri corrispondenti agli stati di ossidazione del wolframio da +2 a +6, anche se non tutti esistono per ciascun alogeno. I dialogenuri hanno composizione W6X12 . I trialogenuri sono ancora più instabili dei dialogenuri e tendono a trasformarsi in questi per riscaldamento. I tetralogenuri (tetrafluoruro WF4, e tetracloruro WCl4), tendono a formare complessi come per esempio l'anione ettaedrico esaclorowolframato (IV) [WCl6]2−. I pentalogenuri (pentacloruro WCl5 verde, e pentabromuro WBr5, nero-violetto) hanno struttura dimerica allo stato solido. Tra gli esalogenuri si ricordano l'esafluoruro WF6, e l'esacloruro WCl6.

A somiglianza del molibdeno, il wolframio forma due ossidi di composizione ben definita, il diossido WO2, e il triossido WO3, e una serie di ossidi non stechiometrici di composizione intermedia tra quella di due ossidi stechiometrici.

Per riscaldamento sotto vuoto del triossido di wolframio o per reazione a circa 1000°C del triossido con wolframio metallico, si possono ottenere ossidi non stechiometrici, di composizione WOn (3 > n > 2). Sono solidi intensamente colorati in blu o porpora, di struttura generalmente molto complessa.

Importanti sono poi i cosiddetti bronzi di wolframio, sostanze cristalline di colore generalmente giallo-oro, con lucentezza e proprietà elettriche quasi sempre di tipo metallico e chimicamente poco reattive, che si possono ottenere per riduzione dei wolframati con idrogeno (o per via elettrolitica) ad alta temperatura.

Hanno composizione MnWO3, dove M è generalmente (ma non necessariamente) un metallo alcalino, mentre per n è: 1>n>0.

Le soluzioni acquose degli idrossidi alcalini disciolgono il WO3 con formazione di wolframati (VI) semplici, contenenti l'anione wolframato (VI) a struttura tetraedrica WO42−.

Lo ione wolframato in soluzione, pur potendo venire ridotto (per esempio per via elettrolitica), è stabile e non ha proprietà ossidanti.

Se si acidifica una soluzione di wolframati alcalini o di ammonio, si ha (in relazione alla concentrazione e al pH) una progressiva formazione di specie anioniche polimeriche in equilibrio tra loro, indicate genericamente come poliwolframati.

wolframite

Wolframite

Utilizzo del tungsteno

Le applicazioni del tunsteno sono relativamente recenti, e solo a partire dagli anni '50 hanno assunto una grande importanza. Il wolframio viene largamente utilizzato in leghe ferrose, in particolare negli acciai per utensili (acciai rapidi, superrapidi e per lavorazione a caldo).

Alcune leghe non ferrose (per esempio con cobalto e cromo) del wolframio e i carburi di wolframio (eventualmente in lega con cobalto) sono impiegati in strumenti da taglio e da punta e nell'industria degli abrasivi.

Il wolframio metallico puro (ma talvolta in lega) ha impieghi che sfruttano principalmente il suo elevatissimo punto di fusione. Alcuni composti di wolframio trovano impiego come catalizzatori di processi chimici.

Metodo di produzione del tungsteno

I concentrati di wolframite vengono sottoposti a fusione a circa 1000°C con carbonato di sodio, quindi a lisciviazione con acqua per portare in soluzione i wolframati di sodio formatisi.

A partire da tali soluzioni si procede all'estrazione selettiva del wolframio con ammoniaca; si ha così cristallizzazione del wolframato d'ammonio idrato (NH4)10W12O41·11H2O, che può essere quindi calcinato a triossido WO3.

Per preparare il metallo in polvere i prodotti intermedi ottenuti vengono ridotti con idrogeno (o carbone se non è richiesta una elevata purezza) a 500-1000°C.

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