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Selenio

Proprietà e composti del selenio

Il selenio, il cui nome deriva da quello greco della Luna (Selene), fu scoperto e isolato nel 1817 da J.J. Berzelius e J.G. Gahn nei fanghi delle camere di piombo utilizzate per la produzione dell'acido solforico.

È un elemento in natura abbastanza raro, costituendo (talvolta allo stato elementare, ma generalmente nel suo stato di ossidazione -2) circa il 10-5 % della crosta terrestre.

Si trova talvolta libero nello zolfo e nel tellurio elementari, in minerali specifici molto rari, ma soprattutto si trova insieme allo zolfo in quasi tutti i minerali a base di solfuri, in particolare quelli di piombo e di rame.

Il Selenio è un elemento che esiste in cinque diverse forme allotropiche: il selenio grigio (a struttura cristallina esagonale contenente catene lineari di atomi di selenio), che costituisce la forma termodinamicamente più stabile, ottenibile per lento raffreddamento del selenio dallo stato fuso o per ricottura delle altre forme; le forme a e ß, di colore rosso, con strutture cristalline monocline contenenti anelli Se8, e due forme metastabili, il selenio vetroso (o nero) amorfo e il selenio rosso amorfo, a strutture essenzialmente polimeriche.

A differenza delle altre forme, il selenio grigio (o metallico) è insolubile in solfuro di carbonio e presenta una conducibilità elettrica che, già di per sé non trascurabile al buio, subisce un aumento di 2-3 ordini di grandezza per esposizione alla luce; questo effetto, dovuto alla promozione di elettroni dell'atomo di selenio alla banda di conduzione, dipende da moltissimi fattori, tra i quali le impurezze presenti e la natura della superficie esposta.

Il selenio è un elemento abbastanza reattivo: brucia facilmente all'aria formando il diossido, reagisce direttamente in condizioni opportune con molti metalli, con gli alogeni (eccetto lo iodio) e l'idrogeno, viene disciolto dall'acido nitrico fumante (e in generale dagli acidi ossidanti), nonché dagli alcali acquosi concentrati o fusi.

Reagisce inoltre con i sali di argento formando il seleniuro e sposta lo zolfo dai solfuri dei metalli pesanti; a temperature elevate viene lentamente ossidato anche dall'acqua.

selenio

Selenio

Composti del selenio

Il selenio forma composti soprattutto in corrispondenza dei numeri di ossidazione  -2, +4 (il più stabile) e +6.

Il seleniuro di idrogeno, H2Se (o acido selenidrico), gas liquefacibile, maleodorante e velenoso, solubile in acqua alla quale impartisce proprietà nettamente, anche se non fortemente, acide.

Ha caratteristiche non dissimili da quelle dell'acido solfidrico e si ossida con grande facilità a selenio elementare; i suoi sali organici e inorganici sono i seleniuri, simili ai solfuri e preparati per reazione diretta tra gli elementi.

Gli alogenuri si possono preparare per sintesi diretta dagli elementi, agendo in condizioni di reazione opportunamente controllate.

Tra questi, il tetrafluoruro di selenio SeF4, l'esafluoruro SeF6, il dicloruro di diselenio Se2Cl2, il tetracloruro di selenio SeCl4. Analoghi come comportamento ai corrispondenti composti del cloro sono il dibromuro di diselenio, Se2Br2, e il tetrabromuro SeBr4.

Il diossido di selenio SeO2, ottenibile per combustione dell'elemento all'aria, è un solido cristallino incolore, chimicamente abbastanza reattivo; agisce generalmente da ossidante ed è a questo scopo impiegato in chimica organica.

L'acido selenioso H2SeO3, si forma sciogliendo in acqua il corrispondente ossido SeO2; si comporta da acido debole diprotico: mentre i riducenti lo riducono a selenio elementare, gli ossidanti molto forti lo possono ossidare ad acido selenico.

Il diossido di selenio e l'acido selenioso con gli ossidi e gli idrossidi metallici formano i seleniti come per esempio il selenita di potassio K2SeO3.

Il triossido di selenio, SeO3, si comporta da energico ossidante.

L'acido selenico, H2SeO4, che si ottiene per ossidazione dell'acido selenioso, si comporta da acido diprotico, simile all'acido solforico. Rispetto all'acido solforico  è però meno stabile (si decompone al di sopra di circa 250°C), ed è un ossidante ancora più forte, tanto da disciogliere a caldo l'oro.

Utilizzo del selenio

Il selenio ha avuto impieghi notevoli in passato (sotto forma di strati sottili) nei raddrizzatori di corrente, in elettronica e nelle fotocellule per le sue proprietà di semiconduttore e fotoconduttore.

In massima parte tali impieghi sono ora stati abbandonati e il selenio è stato sostituito, a causa anche della sua tossicità e quindi pericolosità di manipolazione, dal silicio o da altri semiconduttori.

Il selenio elementare viene impiegato anche nell'industria della ceramica e del vetro; composti del selenio trovano applicazione in elettronica e come inibitori di ossidazione per oli lubrificanti.

Metodo di produzione del selenio

Il selenio viene ottenuto dai fanghi anodici ottenuta dalla raffinazione del rame.

Allo scopo si utilizzano vari processi: per esempio i fanghi anodici possono essere trattati con ossidanti (acido solforico concentrato a caldo, oppure carbonato di sodio fuso e silice in presenza di aria, in modo da ossidare il selenio e il tellurio a diossidi volatili, i quali (a temperature intorno a 700°C) distillano e vengono raccolti in una soluzione acquosa alcalina sotto forma di seleniti e telluriti alcalini.

La soluzione viene quindi neutralizzata con acido solforico, in modo che la maggior parte del tellurio precipita come diossido idrato (acido telluroso) insolubile e viene separata per filtrazione; la soluzione restante viene poi trattata con diossido di zolfo per ridurre l'acido selenioso a selenio.

Il selenio così ottenuto viene purificato, tramite vari metodi di solubilizzazione per ossidazione allo stato +4, e successiva precipitazione come selenio elementare per riduzione in ambiente acido, oppure tramite metodi di estrazione con solventi o tecniche basate sullo scambio ionico.

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